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La prima cosa che salta all'occhio di queste «poesie», se così le vogliamo chiamare (e l'autore stesso, come vedrete se deciderete di proseguire nella lettura di questo libercolo, nutre più di un dubbio in proposito), è che non sono per niente poetiche. C'è sì, qua e là, il gusto dell'aggettivazione inusitata (pur senza giungere all'ossimoro), qualche maldestro tentativo di metafora e l'uso di un linguaggio talvolta ricercato. C'è, soprattutto, la pretesa di fare in modo che la lettura, come si dice nell'esoterico gergo degli insegnanti di letteratura dozzinale, «suoni bene». E poco altro. L'autore non nasconde che il suo principale scopo era avere un libro col suo nome in copertina, e già sta rallegrandosi del successo ottenuto. Egli non dispera, comunque sia, di trovare chi apprezzi i suoi modesti tentativi di fare, se non poesia, almeno una buona prosa in versi, e si augura che certe sue riflessioni (alcune delle quali decisamente datate: si tratta di una produzione che spazia dalla fine degli anni 80 del secolo scorso ai giorni nostri) possano costituire materia di interesse per un numero di lettori che non intende quantificare.